Un altro Ungaretti. Non il poeta di trincea, soldato sul Carso nella Grande guerra, ma un Ungaretti 'triestino'. Si rivela nella mostra da poco inaugurata alla Biblioteca statale Stelio Crise, 'Trieste, invenzione della mia anima. Ungaretti e Trieste: cronaca di un incontro', curata da Stefano Crise e realizzata dall'associazione Cizerouno grazie a un finanziamento della Regione Fruli Venezia Giulia. Giuseppe Ungaretti fu nel capoluogo giuliano una prima volta nel 1948, ospite del Circolo della cultura e delle arti per una conferenza, e in alcune altre occasioni ufficiali nel 1959 e nel 1966, per ricevere infine la laurea honoris causa da parte dell'ateneo triestino nel 1968. Del suo rapporto con la città, finora assai poco indagato, rimane traccia in articoli sulla stampa locale, scritti sparsi di vario genere, pubblicazioni realizzate e altre rimaste allo stadio di idea, una documentazione che Stefano Crise ha recuperato grazie a un imponente lavoro di ricerca. Ed è a Firenze, nel Fondo Ungaretti dell'Archivio Bonsanti, che è riemerso il fascicolo preparatorio di un libretto rimasto inedito e pensato dall'editore Vanni Scheiwiller per documentare il soggiorno triestino del 1968 del poeta: all'interno l'unica poesia dedicata da Ungaretti alla città, e intitolata appunto 'Trieste, invenzione della mia anima'.

'È un rapporto labile, abbastanza debole, quello tra Ungaretti e Trieste. Un'invenzione, come lo sono per Ungaretti tante città', commenta il professor Crise. 'L'anima, certo: Trieste è per il poeta un ricordo molto vago e molto sfumato per quanto riguarda il suo passato sul Carso. Ma Trieste non è il Carso, non è il Carso di Ungaretti, che s'identifica con quello goriziano. Lui però semplifica, e a distanza di tanti anni dice che Trieste gli ricorda la guerra'.

Intrecciando documenti a fotografie e a materiali audiovisivi, la mostra, che rimarrà allestita fino al prossimo 6 febbraio, offre anche un assaggio dell'ambiente culturale triestino e delle presenze di quegli anni, da Stelio Crise a Marcello Mascherini a Biagio Marin fra i tanti altri.

'Tutti pensano che Marin, essendo poeta, abbia avuto un rapporto particolarmente stretto con Ungaretti: diciamo che c'erano piuttosto sorrisi di circostanza', spiega ancora il curatore. 'In realtà Ungaretti non amava per niente la poesia dialettale. Marin nel 1968 va a trovarlo a casa sua a Roma: Ungaretti stava riposando, non si era ricordato di questo incontro e nei diari Marin scrive come lui abbia 'masssacrato' questo povero Ungaretti mezzo addormentato parlandogli di come Trieste sia stata abbandonata dalla cultura italiana. E finisce questo resoconto dicendo 'E lo lasciai come un cadavere".


Foto:Cizerouno