
A tre anni dall’inizio della guerra, il professor Verč ha ricostruito le tappe di una lunga convivenza, segnata da alleanze, fratture e rivendicazioni. Dai rapporti iniziali tra ucraini, polacchi e turchi, fino all’alleanza con i cosacchi russi, passando per il tentativo, poi fallito, della Repubblica Popolare Ucraina. Uno spazio centrale è stato dedicato alla Crimea e al Donbass, due territori simbolici e contesi. “La Crimea è stata di tutti, tranne che degli ucraini” ha ricordato Verč, sottolineando quanto la stabilità di questi territori sia sempre stata precaria. L’intervento ha toccato anche il concetto di Stato-nazione, che nei territori a est del Danubio non ha seguito lo stesso percorso lineare del resto d’Europa. La Russia di Kiev, diventata poi Principato di Mosca, rappresenta un esempio di storia condivisa tra Russia e Ucraina, ma anche di identità ambigue, spesso riscritte secondo esigenze politiche. Si è discusso anche del rapporto tra la Russia e l’Europa. Secondo Verč, la diffidenza reciproca ha radici profonde, ma non sempre chiare. È difficile indicare un momento preciso in cui si è rotta la fiducia tra le due aree. Tuttavia, eventi come il Congresso di Vienna, che ha segnato l’ingresso della Russia nella politica europea, mostrano come Mosca abbia sempre cercato di avere un posto tra le grandi potenze del continente. Non è mancato un riferimento al ruolo della religione. Verč ha parlato delle radici cristiane della civiltà occidentale, spesso presentate come fondamento dei valori europei. Tuttavia, ha ricordato che queste radici non sono state spontaneamente condivise da tutti: in molti casi sono state imposte, creando fratture culturali e politiche che ancora oggi si fanno sentire. L’incontro con Ivan Verč si è concluso con un invito alla riflessione su quanto ancora ci sia da comprendere delle vicende storiche dell’Europa orientale. Una storia frammentata, spesso poco conosciuta, in cui molti passaggi restano oscuri o dimenticati, e che continua a influenzare profondamente il presente.
B.Z.